L’acqua: “l’oro blu” del XXI secolo

di Ugo Balzametti

Il riscaldamento globale

Oggi nel silenzio e nella disattenzione più totale si celebra la giornata mondiale dell’acqua, e sempre più spesso la parola più ricorrente usata dai signori dell’informazione è: siccità. 

La siccità è un’espressione dal suono antico che ci riporta  alle immagini delle vecchie società contadine. Oggi è ritornata prepotentemente di attualità poiché mette in discussioni beni essenziali, legati alla sopravvivenza della specie umana come la disponibilità e l’uso di acqua e cibo.  

Visto dallo spazio la nostra Terra assomiglia a una gigantesca biglia blu. L’acqua infatti ricopre più del 70% della superficie terrestre di cui il 97%  è salata, il rimanente 3% è acqua dolce proveniente da ghiacciai e nevi perenni (68,9%), falde sotterranee (29,9%) e acque superficiali (1,2%); solo l’1% è acqua potabile.

L’utilizzo dell’acqua non si limita solo al consumo umano, ma è fondamentale anche per altri settori come l’agricoltura, raffreddamento industriale, riscaldamento, turismo e tanti altri. 

Inoltre ancora oggi dobbiamo registrare come l’ accesso all’acqua sia segnato da forti diseguaglianze: l’80% delle risorse idriche sono consumate dal 20% della popolazione , quello che rimane viene centellinato nel resto del mondo.

Sebbene il continente africano contribuisca solo per il 4% delle emissioni globali di gas serra, è  tra le regioni più vulnerabili ai cambiamenti climatici e gli stravolgimenti legati all’acqua rappresentano alcuni dei rischi più gravi.

Ciò significa un accesso ridotto all’acqua potabile in un’area dove una persona su tre si deve misurare ogni giorno con la scarsità di acqua, ciò significa più fame, malnutrizione e spesso carestia. : il 28% della popolazione mondiale non ha accesso all’acqua potabile, il 53% non dispone di impianti igienici, 4 miliardi di persone vivono una  grave carenza d’acqua almeno un mese l’anno.

L’acqua è indispensabile oltre che per l’uomo e la  salute, anche per la salute delle piante e animali. Si sente parlare spesso di siccità diffusa e di scarsa qualità dell’acqua proprio per l’impatto delle attività umane su di essa. Urbanizzazione, crescita demografica, inquinamento stanno mettendo a rischio quantità e qualità dell’acqua a nostra disposizione.

In Italia vengono consumati circa 26 miliardi di metri cubi di acqua all’anno, di cui poco più della metà, 55%, è riferito all’agricoltura, il 27%  a quelli industriali e circa 18% per scopi civili.  Proprio quest’ultimi richiedono acque di qualità elevata. Nel 2019 sono stati prelevati più di 9,2 miliardi di metri cubi per uso potabile.

Con il perdurare dell’emergenza climatica, la siccità non si può considerare più una crisi saltuaria, ma un problema strutturale che condiziona la vita di miliardi di persone. sappiamo da decenni che il rubinetto perde il 40% dell’acqua, gli sprechi sono noti. Tutto questo è normale?

Mediamente  nel nostro Paese le precipitazioni ammontano a circa 300 miliardi di metri cubi ogni anno, ovvero tra le più elevate in Europa, eppure disponiamo effettivamente solo di 58 miliardi di metri cubi d’acqua, di cui i ¾ provengono da sorgenti superficiali, fiumi, laghi, mentre il 28% da risorse sotterranee. Questa disponibilità è in continuo deterioramento a causa della crisi climatica.

Il Po e il “cuneo salino”

Del resto le immagini del Po e della Pianura Padana,  trasmesse dai mass media in queste settimane di caldo anomalo per essere la fine dell’inverno, hanno fotografato una zona tra le più ricche al mondo che quest’anno perderà più del 50% della propria produzione . Nel mentre un fiume tra i più grandi d’ Europa è ridotto a poco più di un torrente, mentre il mare è avanzato fino alla foce desertificando i terreni vicini agli argini, penetrando nelle falde acquifere e intaccando le riserve di acqua potabile.  

L’acqua è ormai  merce rara,  e molto spesso  a causa del suo sconsiderato utilizzo domestico, industriale e agricolo,  i fiumi, i pozzi, le falde acquifere, i bacini idrici sono sottoposti a stress notevoli e si stanno rapidamente esaurendo. Lo possiamo verificare soprattutto in quelle regioni ad alta densità di popolazione, che producono un grande sfruttamento di risorse, soprattutto di acqua. 

Dovremo smetterla di manifestare tutta la nostra ipocrisia quando si devono affrontare calamità  come alluvioni, danni provocati da piogge tropicali, o/ e lunghi  periodi di caldo estremo.  L’esperienza quotidiana  ci dice che questi rischi sono ormai la normalità. 

Soprattutto le autorità locali, comuni e regioni,  devono avere la consapevolezza che quando s’interviene sempre  seguendo una logica emergenziale si hanno solo interventi “tappa buchi”.  Problemi locali devono essere affrontati in una ottica globale, quindi richiedono interventi sistemici e strutturali   

Il ciclo dell’acqua

Perché il cambiamento climatico preoccupa tanto? Quali rischi corriamo?          

La vita sulla Terra esiste grazie alla combinazione di tre fattori: la presenza del ciclo dell’acqua,  la giusta distanza dal Sole, la composizione chimica dell’atmosfera.

 Il ciclo  dell’acqua è un delicato sistema che gioca un ruolo fondamentale per la Terra e per  la nostra vita quotidiana.  Consiste nel trasporto di acqua dolce tra la superficie terrestre, i bacini d’acqua e le nuvole che si trovano nell’atmosfera, grazie ai processi di precipitazione ed evaporazione dell’acqua. E’ un sistema fondamentale che rende l’ambiente terrestre fertile ed abitabile.

Uno degli effetti principali del riscaldamento globale è quello di modificare il ciclo idrologico, il cui motore è l’energia  solare che riscalda continenti ed oceani determinando l’evaporazione dell’acqua (circa 80% dell’evaporazione viene dalla superficie oceanica).

L’atmosfera, in particolare, assicura al nostro Pianeta un clima adatto alla vita grazie al  cosiddetto effetto serra naturale. 

L’effetto serra  è un processo naturale che determina la temperatura sul nostro Pianeta e modifica il ciclo idrologico. Con un clima più caldo l’evaporazione degli oceani aumenta e il riscaldamento globale porta ad un aumento delle piogge e all’intensificazione del ciclo idrico.

Il risultato è un’ulteriore quantità di calore che si somma a quello proveniente dai

raggi solari assorbiti direttamente. Un’aggiunta significativa: senza l’effetto serra

naturale, la temperatura media sulla Terra sarebbe di  -18 gradi centigradi anzichè di  + 15°C.

Le acque sotterranee e superficiali

Una grande riserva rinnovabile di acqua si trova sotto i nostri piedi. Viene chiamata  sotterranea o falda, e nonostante sia invisibile e molte volte dimenticata, è fondamentale per la vita e gli equilibri sulla terra.

Le falde sono ovunque e rappresentano circa il 30% dell’acqua dolce presente sulla terra; il restante 69% si trova intrappolato nelle calotte glaciali e nella neve  di montagna,l’1% in acque superficiali.

 In media un terzo dell’acqua dolce consumata per tutti gli usi a livello globale è costituita da acqua falda che contribuisce per circa il 50% dell’acqua  potabile utilizzata globalmente. In alcune parti del mondo si raggiungono valori più alti: in Danimarca il 99% di acqua potabile deriva da falde acquifere.

E’  anche una delle fonti principali per l’industria agroalimentare: si stima che il 43% dell’acqua utilizzata per l’irrigazione, a livello globale, venga prelevata dalle falde

Quando la pioggia cade sul suolo può scegliere essenzialmente due vie. Nella prima, l’acqua scorre in superficie, originando prima rivoli, poi torrenti ed infine fiumi. La morfologia del terreno è segnata proprio dall’acqua, facilitando la formazione di laghi. 

La progressiva impermeabilizzazione dei suoli (a causa della speculazione edilizia) e le modifiche climatiche portano ad episodi di precipitazione violente e concentrate nel tempo che hanno come risultato l’aumento vertiginoso della velocità con cui le acque scorrono da monte al mare.

La seconda scelta dell’acqua è quella di infiltrarsi nel sottosuolo, fino ad arrivare, dopo percorsi che possono esser lunghi anche decine di anni, ad alimentare le falde sotterranee, in alcuni casi veri e propri laghi o fiumi che scorrono nel sottosuolo. Tra le acque  superficiali e le acque sotterranee ci sono scambi continui, con sorgenti che generano, fiumi, laghi che alimentano le falde.

Le acque superficiali e le acque sotterranee hanno scambi continui, con sorgenti che generano fiumi, laghi che alimentano falde sotterranee. Tutta l’acqua che scorre in superficie e in parte di quella che scorre nel sottosuolo tenderà ad arrivare verso i mari e gli oceani, da cui evaporerà a formare nubi e così all’infinito.

 Al momento in Italia solo l’11% dell’acqua piovana viene trattenuta. Troppo poco.

Tra le soluzioni per rispondere alla siccità, è stato  proposto di costruire bacini di accumulo d’acqua sulle montagne, nelle aree fluviali o nelle aree umide. Insomma  si propone di tornare ad invasare l’acqua che permetteva di contenere le piene e stoccare l’acqua. Inoltre  circa un terzo delle falde acquifere è in pessime condizioni, solo il 58% delle falde sono in buono stato, contro il 17 della media europea. 

Le acque sotterranee sono una componente essenziale del sistema di acqua dolce e il loro ruolo va assumendo sempre più importanza poiché le risorse idriche di superficie, che al momento sono quelle più accessibile, sono sempre più sfruttate, in particolare in quelle aree dove le popolazioni sono in aumento.

Pur essendo nascoste le acque sotterranee forniscono la metà del volume di acqua prelevata per uso domestico dai cittadini del mondo e circa il 25% di tutta l’acqua utilizzata per l’irrigazione agricola.

La velocità  di percolazione ( fenomeno per il quale l’acqua piovana filtrando lentamente nelle rocce calcaree, ne opera la dissoluzione chimica)  e la quantità di acqua che si può accumulare nel sottosuolo dipendono dal grado di permeabilità delle rocce che a sua volta dipendono dalla porosità delle rocce. 

Si deve rilevare, inoltre, che ogni giorno, insieme al cibo che mangiamo e l’acqua che consumiamo, ingeriamo dai 2000 ai 5000 litri di acqua nascosta. Si tratta di acqua utilizzata nei processi produttivi e di cui ignoriamo l’esistenza.

Per produrre una tonnellata di carne bovina servono 15.000 litri di acqua, per quella di pollo più di 4000, mentre la stessa quantità di cereali circa 1600 e per la verdura 320 litri per tonnellata. Da queste migliaia litri d’acqua consumati pro-capite, circa 4,4% è utilizzato nei cicli industriali, 3,6% per la cucina, la pulizia e per bere, mentre il restante 92% è utilizzato dall’agricoltura e dall’allevamento.

Le acque reflue

Un altro sistema per stoccare l’acqua è quello del riuso delle acque reflue depurate, utile ad essere una soluzione  temporanea per fronteggiare periodi particolarmente siccitosi.     

Questa proposta  ha fatto storcere il naso a molti. Le acque reflue, infatti, altro non sono che le acque di scarico, quelle che vengono usate in casa, ma anche nelle industrie e nell’agricoltura e che vengono eliminate con tutte le sostanze organiche e inorganiche che si portano dietro.

Si tratta di un potenziale enorme – 9 miliardi di metri cubi l’anno- che in Italia viene sfruttato solo per il 5%   di metri cubi.

L’Europa ha emanato un regolamento,  2020/741, che prevede il riuso delle acque da parte degli Stati Membri a partire dal giugno 2023 e quindi anche l’Italia si dovrà adeguare velocemente alla normativa di riferimento.

Sono già funzionanti 79 impianti per la produzione di acque di riuso con una potenzialità complessiva pari a 1,3 milioni di metri cubi al giorno. Di contro l’uso diretto per  l’irrigazione attraverso reti dedicate è ancora piuttosto scarso. Di questi 79 solo 16 sono dotati di una rete specifica di trasporto e distribuzione dell’acqua affinata.

Che fare ?

Nell’individuare gli strumenti più efficaci per circoscrivere gli effetti del riscaldamento climatico si possono seguire percorsi diversi.

I Consorzi di Bonifica, ad esempio, propongono, per far fronte  alla crisi climatica, due linee di intervento.

La prima è “accumulare”  acqua tramite la creazione di serbatoi e vasche di laminazione delle piene ( è un’opera idraulica volta alla realizzazione di un ampio bacino scavato in profondità per contenere le acque  esondate del fiume), insieme  alla costruzione di bacini di raccolta.

La seconda  è “distribuire meglio”, ammodernando gli impianti e rendendo le reti e gli impianti di irrigazione più efficienti, tramite una manutenzione che non sia sporadica e l’adozione di dispositivi per il controllo consumi.

La radice del problema sta nell’aver perseguito per decenni uno sviluppo economico senza tener conto dei vincoli eco-sistemici.   Questo modo di operare ha avuto conseguenze tragiche: oltre  l’80% degli habitat è in cattivo stato di conservazione, nel tempo le aree umide si sono contratte del 50%.

Lo stile di vita occidentale si è basato per decenni sulla convinzione che molte risorse siano illimitate, acqua inclusa. L’instabilità climatica , l’inquinamento delle falde e l’aumento del fabbisogno idrico ne rendono la reperibilità sempre più precaria. 

Poi c’è la famosa questione delle  perdite idriche, circa il 42%, clamorosamente ignorata dal  PNRR.       A tale proposito non è possibile non evidenziare come il Piano preveda di investire 900 milioni di euro,  quando l’OCSE nel 2013 stimava che si sarebbero dovuti spendere 2,2 miliardi di euro ogni anno per i prossimi 30 anni, per metterci in pari con il livello d’investimenti per il mantenimento delle reti del resto d’Europa .

In particolare si deve sottolineare che si  è totalmente persa a livello politico l’attenzione sull’importanza del “governo delle acque”. La gestione dell’economia idrica è  ed stata sottovalutata o, peggio, è stata vissuta unicamente come fonte di profitto  coerente  col modello di economia di mercato.  

In questo ambito il ruolo dell’informazione  diventa fondamentale. Il riscaldamento globale è ormai un fenomeno di vita quotidiana e  lo si deve raccontare, mettendolo in relazione al cibo, al tema della casa, delle migrazioni,  a come cambiano i lavori. 

Ciò significa favorire l’opportunità di coinvolgere le comunità  non solo elencando dei numeri o dati. La sfida per chi affronta questi temi complessi è quella di riuscire a parlare di crisi idrica senza parlare di scienza.

La necessaria inversione di rotta deve partire da un presupposto: il come, cosa, dove e per chi produrre non può essere lasciato ai liberi spostamenti dei capitali finanziari e alla ricerca delle migliori condizioni per valorizzare gli investimenti, relegando il protagonismo dei cittadini alla sola scelta  “a valle” del processo, decidendo cosa consumare.    

Informazioni su Walter Bottoni

Nato il primo settembre 1954 a Monte San Giovanni Campano, ha lavorato al Monte dei Paschi. Dal 2001 al 2014 è stato amministratore dei Fondi pensione del personale. Successivamente approda nel cda del Fondo Cometa dei metalmeccanici dove resta fino 2016. Attualmente collabora con la Società di Rating di sostenibilità Standard Ethics.
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