I sindacati hanno bisogno di nuove strategie

                                                                                           

                                               di Asbjørn Wahl (sindacalista)

 

Con i datori di lavoro impegnati in un’offensiva decennale contro il lavoro, l’equilibrio di potere che un tempo garantiva il dialogo sociale è cambiato.

I sindacati sono sulla difensiva in tutto il mondo, sotto un’enorme pressione di forti forze economiche e politiche. Stiamo affrontando una molteplicità di crisi. I datori di lavoro stanno attaccando su tutti i fronti e la pandemia viene utilizzata come scusa ulteriore per minare i sindacati, i salari e le condizioni di lavoro.
Dall’inizio dell’offensiva neoliberista intorno al 1980, abbiamo assistito a un enorme cambiamento  nell’equilibrio del potere, dal lavoro al capitale. Nonostante ciò, gran parte del movimento sindacale ha continuato ad aggrapparsi all’ideologia del partenariato sociale – con  il dialogo sociale come principale metodo di influenza – che, nella situazione attuale, si sta rivelando controproducente. 
Un numero crescente di sindacati si sta tuttavia rendendo conto che ci troviamo in una situazione critica e che dobbiamo compiere nuovi e coraggiosi passi per affrontare i nostri avversari. Dobbiamo riformare i nostri sindacati, trasformarli in strumenti più efficaci e prepararli meglio agli scontri a venire.

Mancanza di discussione

I sindacati si oppongono alla ristrutturazione neoliberista delle nostre società. Sono uniti contro la privatizzazione e la deregolamentazione dei nostri servizi pubblici. Chiedono posti di lavoro sicuri, migliori condizioni di lavoro, salute e sicurezza sul lavoro e una “transizione giusta” per evitare una catastrofe climatica. Tutto sommato, i sindacati hanno un elenco impressionante di richieste progressiste. 
Il problema è che spesso si ferma qui. Manca la discussione e la politica sul che fare se e quando le nostre richieste specifiche saranno adottate e soddisfatte. E poiché gli sviluppi economici, sociali e politici vanno principalmente nella direzione opposta, è importante valutare anche le nostre organizzazioni, le loro debolezze e i loro punti di forza.
Sviluppare le nostre strategie è una sfida particolare. I nostri obiettivi globali richiederanno profonde trasformazioni sociali ed economiche, quindi siamo di fronte a una lotta basata sugli interessi. Certamente, è una questione di potere. 
Avremo quindi bisogno di più sindacati capaci e disposti a lottare. Dobbiamo costruire ampie alleanze sociali. Sarà necessaria una massiccia mobilitazione delle forze sociali e una reciproca solidarietà. Tuttavia il problema sta nel fatto che le principali sezioni del movimento sindacale internazionale sono bloccate nella trappola del dialogo sociale.

Un’altra arena

Nell’interpretazione dominante, il dialogo sociale è diventato  fine a se stesso, un modo per fare progressi in relazione ai datori di lavoro e ai governi. Certo, la possibilità di parlare faccia a faccia con i datori di lavoro è importante, ma questo di per sé non ci dà più potere. Ci offre solo un’altra arena in cui possiamo esprimere il potere che già abbiamo.
E’ la rappresentanza dei nostri membri, con la loro capacità e volontà di agire, che ci dà potere nel “dialogo” così come al tavolo dei negoziati. Tuttavia l’ideologia del partenariato sociale si è progressivamente, sempre più staccata dai rapporti di potere da cui è scaturita.
Nessuno critica i sindacati per aver partecipato alle riunioni con i datori di lavoro. Questo è, ovviamente, necessario e importante. La critica riguarda l’agire come se il dialogo sociale fosse il mezzo principale per guadagnare influenza. 
Invece di umiliarci implorando “un posto a tavola”, dobbiamo indirizzare le nostre risorse e politiche verso la costruzione di sindacati forti con muscoli industriali. Nella società capitalista odierna è abbastanza chiaro che se non rappresenti una potenziale minaccia per gli interessi dei datori di lavoro sei impotente, con o senza il dialogo sociale.

Compromesso di classe

È utile guardare all’origine del dialogo sociale. Tutto risale all’istituzionalizzazione dello storico compromesso di classe tra lavoro e capitale dopo la seconda guerra mondiale, con il suo centro nell’Europa occidentale. Questo compromesso (qualunque cosa ne pensiamo) è stato costruito sul potere. È stato il risultato di uno sviluppo storico molto specifico, in cui il movimento sindacale e operaio è stato in grado di minacciare gli interessi del capitale attraverso la mobilitazione e la lotta. 
Il compromesso di classe non era il risultato di appelli ai datori di lavoro, ma dell’azione sindacale che li ha costretti. I datori di lavoro si interessarono a concludere un accordo con i lavoratori, non per essere gentili ma per evitare qualcosa di peggio: il socialismo di qualsiasi tipo. Il compromesso di classe è stato stabilito sulla base di 50 anni di dura lotta di classe. È stato il conseguente spostamento delle relazioni di potere a favore del lavoro che ha dato influenza al movimento sindacale attraverso negoziati tripartiti e dialogo sociale. 
Ora, poiché i rapporti di potere si sono notevolmente spostati a favore dei datori di lavoro, il compromesso di classe è crollato o sta per farlo. Con un sindacato debole e un movimento operaio molto sulla difensiva, i datori di lavoro non sono più interessati ad alcun compromesso, compreso un dialogo sociale efficace. 
La prova della crisi che stiamo affrontando sta nel fatto che i sindacati in Europa si sono ridotti in media della metà negli ultimi 40 anni, un attacco contro i sindacati senza precedenti nei tempi moderni. Confidare che il dialogo sociale ci salverà in una situazione del genere è nella migliore delle ipotesi ingenuo.

Strategie efficaci

Non è difficile capire cosa cercano i datori di lavoro. Vogliono abolire lo stato sociale, privatizzare e corporatizzare parti sempre più grandi delle nostre economie e società e sconfiggere il movimento sindacale. 
Per far fronte a questo, abbiamo bisogno di sindacati più forti disposti a sfidarli. Dobbiamo analizzare l’attuale congiuntura politica, sviluppare programmi e politiche e elaborare visioni che possano generare entusiasmo e ottimismo e generare strategie efficaci su come realizzarle. 
Ma i rapporti di potere sono cruciali: il posto a tavola sarà disponibile non appena i datori di lavoro si renderanno conto che sarà meglio averci lì che in piazza o ai picchetti.

A proposito di Asbjørn Wahl
Asbjørn Wahl ha avuto una lunga carriera nel movimento sindacale a livello nazionale e internazionale. Ritirato dalle sue posizioni formali, è attualmente consigliere sindacale, scrittore politico e attivista. Fino a poco tempo è stato presidente del Comitato per i trasporti urbani della Federazione internazionale dei lavoratori dei trasporti (ITF) e leader del gruppo di lavoro ITF sul cambiamento climatico.

Informazioni su Walter Bottoni

Nato il primo settembre 1954 a Monte San Giovanni Campano, ha lavorato al Monte dei Paschi. Dal 2001 al 2014 è stato amministratore dei Fondi pensione del personale. Successivamente approda nel cda del Fondo Cometa dei metalmeccanici dove resta fino 2016. Attualmente collabora con la Società di Rating di sostenibilità Standard Ethics.
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