La DAD funziona se sai come farla!

In questi giorni si fa un gran parlare e discutere di DAD e Scuola in presenza.

Nella migliore tradizione Italiana delle opposte fazioni : Guelfi e Ghibellini, Coppi e Bartali, ecc, anche in questo caso ci si divide tra Pro e Contro la DAD. Come se non fosse chiaro che la Scuola vive della socialità e della presenza di una intera comunità fatta di docenti, studenti, genitori e come se non fossero altrettanto chiari i drammatici numeri della Pandemia COVID con i quali dobbiamo fare i conti tutti i giorni.

E allora a chi serve questa contrapposizione? Perchè invece non facciamo una sintesi semplice semplice: La scuola fa parte del mondo circostante, un mondo dove ci sono trasporti che non funzionano, ospedali insufficienti con personale numericamente insufficiente e attrezzature insufficienti. Un mondo dove non viviamo una situazione “Normale” ma dove è in atto una Pandemia che sta riprendendo a correre con effetti drammatici verso la Salute delle persone e verso la tenuta economica dell’intero tessuto sociale. E allora viene da chiedersi se coloro che al MIUR e al Governo si ostinano in questo mantra del “Teniamo le Scuole Aperte ad ogni costo” , “le scuole sono un posto sicuro, non abbiano tenuto presente quello che una voce autorevole del mondo della scuola come Gino Roncaglia (professore di Digital humanities presso l’Università Roma Tre – ha pubblicato recentemente, presso la casa editrice Laterza, la seconda edizione del libro L’età della frammentazione. Cultura del libro e scuola digitale, che contiene una lunga sezione sulla scuola al tempo del COVID-19.) ci ricorda ancora oggi:

“… la scuola non è un mondo a parte, un’isola autoreferenziale separata dal contesto sociale in cui opera. L’attenzione verso gli altri e in particolare verso i più deboli, la cultura della responsabilità, l’attenzione alle indicazioni che vengono dal mondo della scienza, sono parte essenziale del suo lavoro formativo. Nella situazione drammatica che stiamo attraversando, la scuola ha l’obbligo di chiedersi se davvero la presenza sempre, comunque e a qualunque costo sia la strategia migliore, sia per limitare la diffusione della pandemia, sia per rispondere alla sua missione educativa. Tenendo certo conto dell’enorme importanza della presenza fisica, ma considerando anche che

1. La presenza della scuola del distanziamento, gli studenti fermi dietro i banchi, il docente fermo dietro la cattedra, niente movimento, niente attività di gruppo, ricreazione al banco, tutti con la mascherina, non è interazione e socialità ma una situazione (‘setting didattico’) da incubo, che porta spesso a una didattica sbagliata, solo frontale e trasmissiva.
2. Con l’arrivo del freddo, con l’aumento dei positivi e degli studenti in quarantena, con la necessità (sacrosanta) di fermarsi prudenzialmente anche per un po’ di tosse, con il divieto (cervellotico) ai docenti in quarantena di fare didattica on-line (ovviamente se non hanno sintomi e sono in condizione di farla), quella della presenza sta diventando la scuola dell’assenza: in molte classi le assenze di questi giorni superano il 20-30% e tendono ovunque ad aumentare; altre classi devono saltare una quota significativa di lezioni perché sono assenti i docenti. In questa situazione, la scuola della presenza a tutti i costi rischia di essere molto meno inclusiva di una modulazione realistica di presenza e distanza in funzione della situazione.
3. È vero che si è lavorato moltissimo per rendere le scuole il più sicure possibile, ed è stato utile e giusto farlo (certo se durante l’estate si fosse lavorato di più anche sul fronte delle infrastrutture di rete, delle competenze e dell’inclusione digitale non sarebbe stato male).

Ma i dati sui contagi a scuola non sono comunque rassicuranti. Rendiamoci conto che una bambina o un bambino che si trasformano in veicolo inconsapevole di contagio dei genitori o dei nonni rischiano sensi di colpa che possono poi accompagnarli per la vita. Purtroppo è già successo, purtroppo succede ogni giorno, purtroppo è inevitabile che succeda, ma se succede per colpa della scuola aperta a tutti i costi in presenza, anche in situazioni in cui sarebbe razionale non già chiuderla (nessuno lo chiede) ma modulare diversamente presenza e attività on-line, la colpa diventa anche della scuola.”

E allora proviamo ad immaginare una scuola che attraverso una Didattica a Distanza Autentica e di Qualità offre il suo Vero e Sostanziale contributo alla lotta contro il COVID facendo Sistema con l’impegno e lo sforzo incredibile a cui è sottoposto il personale sanitario. Una scuola della solidarietà e non della Contrapposizione tutti i costi.
Una scuola dove i docenti potrebbero fare DAD NON da casa ma dalla loro Scuola, mantenendo così un ambiente (setting) didattico corretto e funzionale. si potrebbero ad esempio allestire aule specifiche da cui trasmettere in DAD come l’aula di Arte.. di Musica.. di scienze.. di Storia.. ecc. ambienti dove i docenti potrebbero disporre di materiali per le lezioni, avviare esperienze che gli studenti potrebbero riprodurre a casa, stimolare l’attività dello studente guidandolo nella creazione di contenuti ed attività e non tenerlo semplicemente davanti ad una videocamera a seguire una lezione Frontale.

Inoltre i docenti incontrandosi a scuola per la DAD avrebbero l’occasione di interagire, sviluppare contenuti e lezioni interdisciplinari, scambiarsi informazioni, elaborare strategie e modalità didattiche funzionali e innovative.

E allora la DAD non è un problema ma una risorsa … a patto che la si sappia fare!

 

Guglielmo Pernaselci

 

 

Informazioni su Walter Bottoni

Nato il primo settembre 1954 a Monte San Giovanni Campano, ha lavorato al Monte dei Paschi. Dal 2001 al 2014 è stato amministratore dei Fondi pensione del personale. Successivamente approda nel cda del Fondo Cometa dei metalmeccanici dove resta fino 2016. Attualmente collabora con la Società di Rating di sostenibilità Standard Ethics.
Questa voce è stata pubblicata in Comunità sociale. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento