Perfino quando eravamo ragazzi, e credevamo nella lotta di classe operaia come formula risolutiva di cambiamento del mondo, aspiravamo a una civiltà italiana ed europea migliore di quella che stava dinanzi a noi, e di quella che ci aveva preceduto. Questo lungo e faticoso cammino – rispetto all’approdo finale, ossia lo stato presente delle cose – fa sentire chi l’ha compiuto nelle condizioni di quegli animali primitivi che a un certo punto uscirono di scena per il totale mutamento delle condizioni generali del pianeta.
È dichiaratamente finito il periodo dei grandi conflitti ideologici che corrispondevano ai grandi conflitti storici e sociali e cercavano di spiegarli, sistematizzandoli. Oggi non c’è più il conflitto tra le classi, forse (almeno nel senso tradizionale del termine) non ci sono neppure più le classi che hanno reso possibile l’esercizio della funzione intellettuale. Non ci sono più le grandi ideologie che davano un senso a quel conflitto. E forse, come qualcuno ha teorizzato, non c’è più il senso della storia.
Cosa c'è al suo posto?
La storia è oggi l’onnivoro presente che avanza con la pura oggettività, sia pure solo presunta, delle leggi economiche. La globalizzazione, più che un processo storico, è un gigantesco processo di omogeneizzazione economico-sociale. Non avverte alcun bisogno di essere interpretato e necessita soltanto di una regia economica. In questo paesaggio profondamente modificato è sempre più difficile essere ascoltati. Non so in quale lingua parlassero i brontosauri, ma è come se i loro tentativi di comunicare all’esterno fossero impediti da una nebbia così fitta da non consentire loro di parlare con nessun altro se non con i propri simili, anch’essi superstiti.
Nel primo capitolo del libro intervista di Alberto Asor Rosa dal titolo “IL GRANDE SILENZIO” così egli descrive l’estinzione intellettuale che ci circonda.
Leggendo la bella e dolorosa lettera aperta di Mimmo ho ripensato a quelle parole di quell’uomo di lettere che ci ha appena lasciati.
La Storia intorno a noi ci appare ormai come un enorme magma inarrestabile, su un versante il dolore russo e ucraino scoppia e ribolle senza sosta. Non lontano mille e mille pietre iraniane fuggono dalla terra in cerca di un cielo che non c’è. Mentre dentro una piazza Roma si celebra un papa scomparso da dieci anni senza che nessuno abbia il coraggio di ricordare, nemmeno per un istante, una fanciulla inghiottita lì, proprio tra quelle colonne.
Forse siamo caduti, senza accorgersene, dentro l’estinzione dell’ANIMA.
Ricevo dal nostro amico Bruno Bilotta questo gradito commento
Nel regno dei cieli non vorrei ministri
Né gente di partito tra le palle
Perché la politica è schifosa e fa male alla pelle
E tutti quelli che fanno questo gioco
Che poi è un gioco di forza ributtante e contagioso
Come la lebbra e il tifo
E tutti quelli che fanno questo gioco
C’hanno certe facce che a vederle fanno schifo
Che sian untuosi democristiani
O grigi compagni del Pci
Son nati proprio brutti
O perlomeno tutti finiscono così
Io se fossi Dio
Dall’alto del mio trono
Vedrei che la politica è un mestiere come un altro
E vorrei dire, mi pare Platone
Che il politico è sempre meno filosofo
E sempre più coglione
È un uomo a tutto tondo
Che senza mai guardarci dentro scivola sul mondo