A Silvia

 

Detto sinceramente mai avrei pensato che al giorno d’oggi la notizia della liberazione di una donna potesse creare tanto scalpore nel senso negativo de termine.

Non conoscevo Silvia e la sua storia prima di qualche giorno fa, non mi sono mai informata al riguardo, forse anche perché molto spesso queste notizie, a volte, vengono un po’ perse nei meandri delle cronache che ogni giorno si leggono, ma devo dire che questo comunicato ha sollevato in me prima felicità, e poi curiosità.

La sua storia inizia come quella che tanti giovani miei coetanei (e anche compaesani), parte per un progetto che si occupa di aiutare i più bisognosi. 

Un racconto molto simile a quello che spesso mi hanno raccontato anche in prima persona.

Silvia è una ragazza, anzi una donna, come me, che ha avuto la voglia e la preoccupazione di occuparsi di chi molto spesso non può farlo da solo. 

Tuttavia, i commenti di questi giorni non sono incentrati sull’atto di grande generosità che tanti di noi dichiarano ma mai agiscono. Io, per quanto possa interessare, sono sinceramene invidiosa (se così si può dire) del gesto che tanti ragazzi come lei ogni anno fanno, perché vorrei poter fare lo stesso. Purtroppo però Silvia da quella che doveva essere un’esperienza di formazione straordinaria, non è tornata, o meglio non è tornata nelle tempistiche prestabilite, ma 18 mesi dopo.

Dal momento in cui ha esso piede in Italia, mai mi sarei aspettata l’accoglienza che questa ragazza ha ricevuto dai suoi compatrioti. È stato detto tanto, ma quello che più mi spaventa sono commenti di madri, padri, fratelli che incitano all’odio, che sottolineano il suo vestito, o le sue parole.

“Nello specifico per cosa abbiamo pagato il riscatto?”

Lecito domandarselo. Lecito commentare.

Tuttavia ritengo che, riscatto o meno, che se si sia convertita liberamente o sia stata obbligata, che sia nubile, sposata o incinta, che porti vestiti somali oppure occidentali, siano cose che non dovrebbero interessarci. Vedo in questi giorni, nei commenti che si susseguono sui social, l’incapacità di gioire della liberazione di una donna, ma soprattutto di una vita umana, e questo mi spaventa. Silva è una ragazza che i bisognosi, è andata ad aiutarli a casa loro, come qualcuno da anni propone di fare, ma con le fatiche, la voglia, il sudore e le mani degli altri.

Poteva essere vostra figlia, sorella, madre o cugina. Poteva essere una qualsiasi vostra amica, conoscente.

Più volte ho pensato di vedere il nostro paese toccare il fondo, ma mai avrei immaginato così…

Mi fate paura, più di quei 18 mesi che Silvia ha passato sequestrata e che mai noi potremmo (per fortuna) comprendere.

Non sappiamo quello che ha passato e nemmeno dovremmo chiederlo, sarà lei se e quando sarà pronta a condividere l’evento che le ha cambiato la vita. È andata ad aiutare come tanti giovani fanno, come Francesca, Daniele o Eleonora e tanti altri. Non sta a noi giudicare le scelte altrui tanto più quando vanno ad aiutare chi, alcuni, non li vogliono nemmeno vedere. Ma sta a noi dare un aiuto quando si è in una situazione di pericolo. Non sappiamo il suo stato psicofisico, (ma siamo tutti pronti ad osannarci psicologi, virologi e politici), è facile innalzarsi a giudice senza sapere ne capire le vicende che sono fuori dal piccolo orto in cui viviamo.

Non sappiamo quale sia il motivo della sua conversione, potrebbe essersi convertita per sopravvivere e sinceramente anche io osannerei Allah davanti ad una persona che minaccia la mia vita, si anche sposare un arabo e far finta che mi piaccia, voi che ne sapete?

Resto interdetta di fronte a quest’Italia che mi sembra si basi troppo sulle fake news. Non auguro il male a nessuno e lei non si merita questo odio da parte dei suoi “fratelli d’Italia” che tanto hanno cantato dai balconi in questi mesi. Hanno detto sta in carne, sta bene, ma cosa ne sappiamo noi di quello che per 18 mesi ha passato? Come possiamo giudicarla quando noi stessi per due mesi di quarantena cerchiamo la libertà come l’acqua.

Come avreste reagito se fosse tua figlia? A Silvia è andata bene, è tornata a casa, a tante altre no. Invece di fare i leoni da tastiera cerchiamo di condividere meno questo tipo di notizie che cimentano odio e ignoranza, cerchiamo di essere umani, di non fare polemica né satira su una ragazza che di sbagliato non ha fatto nulla. Assicuriamoci della veridicità di quello che diciamo perché la verità in questi casi non c’è dovuta. 

Siate felici che una ragazza ha riabbracciato la sua famiglia dopo mesi di lontananza subendo cose che non possiamo nemmeno immaginare.

Tornare a casa ed essere accolta da offese e ipocrisia, beh io non lo auguro a nessuno.

Non possiamo solamente cercare di essere umani? 

                                                                                                                          L. Pieragostini

Informazioni su Walter Bottoni

Nato il primo settembre 1954 a Monte San Giovanni Campano, ha lavorato al Monte dei Paschi. Dal 2001 al 2014 è stato amministratore dei Fondi pensione del personale. Successivamente approda nel cda del Fondo Cometa dei metalmeccanici dove resta fino 2016. Attualmente collabora con la Società di Rating di sostenibilità Standard Ethics.
Questa voce è stata pubblicata in Comunità sociale. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento