La finanza Verde: molta finanza e poco Verde (terza puntata)

A cura di  Ugo Balzametti 

Ruolo del sistema finanziario

La crescente importanza e l’urgenza assunta  dal climate change impongono un cambiamento in tutti i settori, anche quello bancario. Il suo ruolo centrale nell’economia, il suo ruolo come mediatore di risparmi e investimenti per imprese e famiglie, lo rende in grado di amplificare le conseguenze negative legate ai cambiamenti climatici.

Secondo il Fossil Fuel Financil Report 2021le sessanta maggiori banche commerciali e di investimento a livello mondiale hanno finanziato con 3,8 trilioni di dollari i combustibili fossili. Nonostante il calo nel 2020 dovuto alla pandemia, i finanziamenti bancari da gennaio a giugno 2021 mostrano il valore più alto rispetto allo stesso periodo degli anni precedenti.

Per capire la portata dei rischi climatici cui il sistema finanziario è impegnato è necessario valutare quanta parte degli strumenti finanziari si  trova esposta a tali rischi

Per le Banche si possono individuare due tipologie di rischio: il primo è il rischio associato alla mancanza di interventi incisivi per ridurre le emissioni, o per attenuare gli effetti ad essi connessi. Questa tipologia di rischio è legata all’inerzia nel contrasto al cambiamento ed è classificata rischio fisico o rischio del non agire.

Anche una azione repentina di contrasto al cambiamento climatico può essere fonte di rischi, in particolare se non è ben pianificata. Questi sono rischi conseguenti ad una transizione del sistema energetico dalle fonti fossili ad un modello che ne riduce l’intensità di carbonio, vengono chiamati rischi di transizione.

La Banca per i Regolamenti Internazionali di Basilea ha pubblicato nel 2020  un rapporto intitolato “The Green Swan”. Il CiggnoVerde. Usando l’immagine del Cigno Nero, la BRI avverte che un evento climatico  denominato il”Cigno verde”  caratterizzato da violenti ed improvvisi cambiamenti climatici, può innescare una devastante crisi finanziaria. Il cigno verde  è arrivato.  Ed era tutt’altro che imprevedibile!

Lo studio ha l’obiettivo di analizzare le possibili modalità con cui il mondo della finanza può evitare l’arrivo di un devastante “cigno verde”. Ovvero per ridurre al minimo i rischi provenienti dal cambiamento climatico in relazione alla stabilità  finanziaria globale.

Naturalmente è positivo che anche il settore finanziario ponga  attenzione  all’economia sostenibile, all’energia pulita , alla lotta contro l’inquinamento, però non si  piò dimenticare che sono state le grandi banche e la finanza speculativa a provocare la crisi finanziaria ed economica globale più grave delle storia.

I crac della bolla IT, della bolla immobiliare con i mutui sub prime e di quella dei derivati. Non vorremo che oggi la stessa finanza volesse costruire una “Bolla Verde”

Il cambiamento climatico è destinato a diventare argomento determinante , nonostante i mercati azionari e obbligazionari sembrano ancora relativamente influenzati dal rischio climatico. Tuttavia chi si porrà come leader della transizione verso una economia a zero emissioni nette di carbonio potrà essere premiato dagli investitori. 

Per quest’ultimi la crisi climatica potrebbe determinare un crollo degli attivi e scatenare una prossima crisi finanziaria. Per questo  le autorità di vigilanza europee stanno  già monitorando la resilienza delle banche  al cambiamento climatico, valutando sia le possibili tensioni derivanti dalla transizione verso un’economia a zero emissioni di carbonio sia l’impatto di condizioni meteorologiche estreme.

Una particolare attenzione viene riservata dagli istituti di credito ai rischi legati alla transizione. La banca  insieme al cliente cerca di capire come, ad esempio, può aiutare i proprietari di immobili a rendere “sostenibili” gli immobili commerciali.

Le istituzioni creditizie  devono operare puntando ad una maggiore trasparenza informativa  e sull’introduzione di nuovi  strumenti che permettano di investire in modo responsabile seguendo i fattori ESG, ovvero  Environmental social governance

Come si definisce lo score ESG?   Sulla base di informazioni desunte da documenti pubblici, questionari, banche dati,  sono elaborati dei punteggi per le imprese relativi a tre aspetti che hanno  a che fare con il loro core business, ovvero quello ambientale, quello sociale e di governo societario.

 L’aggregazione di questi punteggi, ponderati secondo criteri differenti, fornisce all’investitore due tipi d’informazione: 1) la capacità dell’azienda di far fronte a rischi di mercato, o rischi di cause legali da parte dei consumatori, o rischi reputazionali etc; 2) la capacità dell’impresa di cogliere nuove opportunità (ad esempio innovazione ed efficienza dei processi e competitività dei prodotti ).

Gli score ESG sono riferiti ad un’ampia categoria di strumenti finanziari: azioni obbligazioni societarie, fondi comuni, indici di mercato. Tuttavia tale score presenta numerose criticità tra cui l’arbitrarietà  della scelta dei dati da considerare, le modalità di come i singoli fattori sono valutati e poi aggregati. La fragilità di questi indicatori accresce il rischio greenwashing, ovvero l’utilizzo improprio della denominazione di green.

Le nuove misure  prevedono l’integrazione del rischio ESG  nell’informativa  del “Terzo Pilastro”. (Introduce l’obbligo di informare il pubblico con apposite tabelle illustrative  sulla propria adeguatezza patrimoniale all’esposizione ai rischi ed alle caratteristiche generali dei sistemi di gestione, controllo e monitoraggio dei rischi stessi.)

Negli ultimi anni, gli ESG e i prodotti finanziari che vengono presentati agli investitori hanno registrato una enorme crescita, raggiungendo nel 2020, secondo la società di ricerche finanziarie Morningstar, un valore complessivo di 1.700 miliardi di dollari. I fondi legati al clima sono quelli più polari all’interno dei prodotto ESG e rappresentano il 27% di tutti i fondi ESG lanciati in Europa nel 2020. 

Sono stati messi sotto lente di ingrandimento 723 fondi azionari per un valore di 330 miliardi di dollari . L’esito della ricerca  non è incoraggiante. Dei 723 fondi esaminati, 593 vengono definiti come “generici” e di questi ben 421, il 71%, hanno una valutazione negativa rispetto ai criteri stabiliti con l’Accordo di Parigi. Un secondo gruppo di fondi ESG focalizzati sul clima, su  130 ben 72  hanno avuto una valutazione negativa. E’  evidente come il settore vada messo sotto stretta sorveglianza.

Le banche si troveranno ad assumere  decisioni difficili sui settori e sulla clientela da finanziare. Le aziende di credito dovranno supportare la clientela con un approccio alla mitigazione del rischio, con l’obiettivo di creare basi solide  e credibili in modo che il creditore possa realizzare un piano di transizione credibile e solido. 

In questa fase le strutture finanziarie disegnano anche modelli di business con i quali vengono ipotizzati scenari futuri, utilizzando la mole di dati in loro possesso, che inseriti nel sistema generale della gestione del rischio possono permettere di pesare il rischio climatico rispetto al rischio credito. L’azione è concentrata principalmente sullo screenig e sulla misurazione dei rischi ambientali e sociali.

I regolatori bancari di tutto il mondo stanno mettendo il rischio climatico in cima all’agenda  del settore. Gli stress test sul climate change sono  eseguiti in diversi Paesi, Regno Unito, Giappone, Australia, ed in Europa. 

Ad un anno dalla pubblicazione delle linee guida della BCE sul rischio climatico, nessuna banca ha strategie climatiche allineate con gli obiettivi di Parigi. Un portafoglio di 24 mila miliardi è ancore esposto al rischio climatico. Pur avendo iniziato un percorso di adeguamento, mancano procedure adeguate per la valutazione del rischio.

Nella Guida sui rischi climatici  legati all’ambiente, la BCE ha formulato delle indicazioni in merito alle misure con cui gli enti dovrebbero considerare i rischi Climate-related and Environmental”. Nel momento in cui definiscono le loro strategie aziendali dovranno adottare una serie di pratiche relative alla governnance, al risk management e alle prove di stress relativi ai  fattori ambientali.

Sorgono nuove reti e nuove connessioni cui sono legati nuovi processi lavorativi e un nuovo modo di lavorare.  E le sfide  dipendono anche dal tipo di aziende  del settore finanziario. Infatti mentre le imprese di assicurazione o i fondi pensioni hanno interessi per azioni, obbligazioni e fondi di investimento, più spesso le banche si siedono davanti ai clienti per discutere come far rendere utili i loro investimenti.

La finanza non è uno strumento neutro. Anzi se ieri ha contribuito ad alimentare un’economia ad alte emissioni e a provocare l’emergenza ambientale, oggi potrebbe diventare parte della soluzione del problema. Oltre ad un altro modo di produrre, consumare, muoversi ed abitare, è necessario prendere in considerazione anche un modo diverso di investire, optando per soluzioni che vadano verso attività di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici. 

Informazioni su Walter Bottoni

Nato il primo settembre 1954 a Monte San Giovanni Campano, ha lavorato al Monte dei Paschi. Dal 2001 al 2014 è stato amministratore dei Fondi pensione del personale. Successivamente approda nel cda del Fondo Cometa dei metalmeccanici dove resta fino 2016. Attualmente collabora con la Società di Rating di sostenibilità Standard Ethics.
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