INDOSSARE LA MASCHERINA: COME CAMBIA IL LINGUAGGIO NON VERBALE?

La società multimediale ha abituato l’uomo a indossare, perpetuamente una maschera. I social hanno imposto alle persone di modificare il proprio volto, la propria immagine in modo da poter apparire sempre più simili agli standard imposti dalla società.

Evidentemente, ciò non rappresenta una novità! Di già Pirandello aveva fatto notare che negli ambiti dell’agire umano, viene implicitamente imposto agli individui che vi agiscono di mostrarsi in un certo modo: la società, la famiglia, il lavoro, insomma qualsiasi ambito legato alla vita, premono l’uomo verso l’indossare una maschera in base all’ambito sociale in cui ci si trova. Non ci si può mostrare allo stesso modo in famiglia e a lavoro!

Il lemma ‘maschera’ ha un’ origine incerta; probabilmente deriva dal latino medievale e significa inganno, imbroglio, strumento di falsità ma anche di difesa. È noto che in passato la ‘maschera’ venisse utilizzata come oggetto per celare il proprio volto e che avesse una valenza antropologicamente rilevante; si utilizzavano maschere per effettuare riti magici, riti funerari, ma anche per ingannare i nemici.

Nella società che si presenta dinnanzi agli occhi contemporanei, mutata negli usi e nelle abitudini dal Covid-19, le cosiddette ‘mascherine’ sono un oggetto imprescindibile; addirittura è obbligatorio indossare la mascherina nei luoghi chiusi. Tuttavia l’utilizzo di tale ‘dispositivo di sicurezza individuale’ causa non pochi cambiamenti nell’espressività e nel linguaggio. Tra le cose con cui occorre fare subito i conti dato l’uso delle mascherine, vi è il fatto che diviene difficile riconoscere l’altro. Anche la comunicazione si fa complicata: non tanto per l’uso della mascherina in sé, quanto per il fatto che il volto risulta parzialmente coperto, la bocca è coperta! Diviene difficile vedere un sorriso, anche un broncio; qualsiasi espressione facciale perde la sua efficacia. Verrebbe, quindi, da pensare: “va bè… rimangono gli occhi”. Però, non è così scontato il saper interpretare l’espressività degli occhi! Non è così facile esprimersi utilizzando lo sguardo!

Nella comunicazione il volto gioca un ruolo molto importante, forse imprescindibile, che risulta depauperato dall’utilizzo della mascherina. A una battuta non segue più una risata; a una frase ironica non segue il sorriso; a uno stimolo triste non segue il broncio. Insomma, il volto sembra assente!

Evidentemente, per sopperire alla mancanza del volto, saranno altri i canali comunicativi, come la gestualità del corpo. Ma la gestualità non ha la dirompenza comunicativa che può avere un sorriso, o una qualunque espressione del volto; quest’ultimo è immediato, istantaneo e, anche, di facile comprensione! Bisogna

tener presente che molto spesso, passeggiando per strada si incontrano persone che non si conoscono con le quali ci si scambia, non un saluto verbale, ma un sorriso: chissà cosa accadrà ora che il volto è coperto?

Nei giorni scorsi si è discusso, molto spesso selvaggiamente e in modo opportuno, sul rientro in Italia della nostra amica Silvia Romano, la quale, dopo un anno e mezzo di prigionia in Africa, è rientrata in Italia. Lei ha deciso di convertirsi all’islam proprio in questi mesi di reclusione forzata, tant’è che scesa dall’aereo che l’ha riportata in Italia, tutti si sono accorti che indossava un vestito tipico della religione da lei professata. I dibattiti che ne sono scaturiti sono stati allucinati; anche alcuni “parlamentari” si sono espressi con termini abominevoli! Ma non è di Silvia e del vestito indossato da lei che si vuol parlare, bensì delle donne che professano la sua stessa religione.

Infatti, alcune donne di fede islamica indossano il così chiamato ‘burqa’, un indumento che copre interamente il volto della donna lasciando intravedere esclusivamente gli occhi. Eppure, se si incrocia il loro sguardo, si può percepire qualcosa, qualche emozione. Riescono a comunicare con i loro occhi. Questo può far pensare che l’emotività e la potenza comunicativa dello sguardo esiste ma deve essere allenata.

L’esempio delle donne islamiche vuole denotare la possibilità che anche lo sguardo possiede una potenza espressiva. Ma essa, per essere a pieno utilizzata, necessità di esercizio. Evidentemente il fatto che si è abituati a comunicare soprattutto con l’espressività del volto, nella sua parte inferiore, non fa cogliere a pieno le possibilità comunicative che lo sguardo possiede.

Occorre abituarsi a comunicare con lo sguardo, abituarsi a trasmettere emozioni con esso, abituarsi a rafforzare il proprio linguaggio con l’espressività degli occhi! È una sfida possibile?

Nicolò James Caricati

Informazioni su Walter Bottoni

Nato il primo settembre 1954 a Monte San Giovanni Campano, ha lavorato al Monte dei Paschi. Dal 2001 al 2014 è stato amministratore dei Fondi pensione del personale. Successivamente approda nel cda del Fondo Cometa dei metalmeccanici dove resta fino 2016. Attualmente collabora con la Società di Rating di sostenibilità Standard Ethics.
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